TRA MITO ED ARCHEOLOGIA, ROMA COMPIE 2774 ANNI

I natali della città di Roma sono avvolti dal mito e da alcuni riscontri archeologici, che sembrano confermare i racconti di Titto Livio e di Plutarco. Tutto parte dalla distruzione di Troia, quando Enea, profugo troiano, dopo aver viaggiato in lungo ed in largo per il Mediterraneo, approda nel Lazio, dove sconfiggerà Turno il re dei Rutuli. Trenta anni dopo, Ascanio, figlio di Enea, fonderà Alba Longa, che verrà governata con saggezza fino a quando Amulio scaccerà dal trono il fratello Numitore e imporrà a Rea Silvia, figlia del legittimo re, per non avere dei futuri contendenti al trono, di diventare una vergine vestale. Purtroppo per Amulio, il dio Marte si invaghirà della vestale e la metterà incinta.Dall’unione di Rea Silvia e Marte nasceranno i gemelli Romolo e Remo, che verranno abbandonati all’interno di una cesta sul fiume Tevere. La cesta, attraversando il fiume, verrà raccolta, in riva al Tevere, dalla lupa Luperca.

Quadro, “Il ritrovamento di Romolo e Remo” di Peter Paul Rubens (1577-1640)

La lupa prenderà la cesta ed allatterà i bambini fino a quando il pastore Faustolo, non li troverà nella grotta ai piedi dell’altura del Germalo sul lato S.O. del colle Palatino (luogo nel quale successivamente verranno festeggiati i lupercali) e li porterà nella propria capanna, dove li crescerà con la propria moglie Acca Larenzia.

I gemelli apprenderanno proprio da Faustolo di essere i nipoti di Numitore, legittimo re di Albalonga. Così Romolo e Remo sconfiggeranno lo zio e, dopo aver riconsegnato il trono al nonno, chiederanno a Numitore, che acconsentirà, il permesso di fondare una nuova città.

Da questo momento in poi inizia lo scontro trai due fratelli.

Così scrive Tito Livio nel primo libro delle sua opera “Ad Urbe condita”:

Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino.”

Dunque il diritto di fondare la città eterna e di governarla sarebbe spettato al fratello che avrebbe avvistato il maggior numero di uccelli.

Così ci racconta Tito Livio:

Si dice che a Remo per primo apparvero come segno augurale sei avvoltoi; e poiché, quando ormai l’augurio era stato annunziato, se n’erano offerti alla vista di Romolo il doppio, le rispettive schiere li avevano acclamati re entrambi: gli uni pretendevano d’aver diritto al regno per la priorità nel tempo, gli altri invece per il numero degli uccelli. Venuti quindi a parole, dalla foga della discussione furono spinti alla strage; fu allora che Remo cadde colpito nella mischia. È più diffusa la tradizione secondo la quale Remo, in atto di scherno verso il fratello, abbia varcato con un salto le nuove mura: che per questo egli sia stato ucciso da Romolo infuriato, il quale, inveendo anche con le parole, avrebbe aggiunto: “Così, d’ora in poi, perisca chiunque altro varcherà le mie mura!”. Pertanto Romolo ebbe da solo il potere; fondata la città, essa ebbe nome dal suo fondatore.

Secondo il mito, Roma sarebbe nata con l’assassinio di Remo, ma Romolo, primo re di Roma, sarebbe davvero esistito o sarebbe una figura da relegare alla tradizione mitologica?

Secondo l’archeologo nonché storico Andrea Carandini, le due grandi opere che la leggenda assegna a Romolo, la costruzione del muro e del solco sacro, il “pomerium”, nel Colle Palatino e la creazione del Foro sul Campidoglio, con il Santuario di Vesta, sembrano essere confermate dai dati stratigrafici, come riportato anche dagli annalisti di Roma. Nel 1988, il Professo Carandini scavando sul versante nord del Palatino, dietro alla Basilica di Massenzio s’imbatté in un muro che faceva pensare ad una fortificazione ed accanto ad essa fu ritrovata una porta. Tali rinvenimenti erano stati datati come precedenti alle mura del VI secolo, inoltre, anticamente, erano considerati particolarmente importanti visto che, fino ad Augusto, erano stati restaurati e conservati come se si trattasse di reliquie. Insomma la porta e il suo muro dovevano essere considerati sacri fin dall’inizio, tant’è che Carandini aveva trovato seppelliti, sotto la soglia della porta e del muro, dei sepolcri, come avveniva nell’antichità per i luoghi di grande devozione. Anzi, secondo il professore, doveva proprio trattarsi del Sacro Recinto di cui parla Tacito e tutti gli autori che, per il periodo storico in cui vissero, potevano fare riferimento a scritti, pitture, monumenti arcaici, che gli consentirono di tramandare la storia più antica ed arcaica della città eterna. Secondo Carandini tale scoperta non solo riportava alla data leggendaria del 753 a. C. la fondazione di Roma ma, per di più, restituiva a Romolo e al suo aratro di bronzo il ruolo di vero regista di quella genesi. Sostiene Cardini: “Perché non crederci?, Del resto è ormai dimostrato che miti e leggende per le civiltà hanno lo stesso senso che i sogni per gli uomini, contengono spesso qualcosa di vero o almeno di motivato. Perché non usarli allora? Magari lavorandoci su e dentro? E non sappiamo, forse, che la tradizione orale può attraversare i secoli senza deteriorarsi?

Appunto perché non crederci che Roma sia stata fondata da Romolo?

Aspettando che gli archeologi possano far luce sulla storia più antica di Roma, facciamo gli auguri alla nostra capitale per il suo 2774 natale.

Campobello di Mazara 21/04/2021

TOMMASO DI MARIA

Una replica a “TRA MITO ED ARCHEOLOGIA, ROMA COMPIE 2774 ANNI”

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